Desidero esprimermi in tema di mascherine, ragionando sul loro utilizzo ora che la normativa sta cambiando.
La prima considerazione è la più ovvia: siamo esasperati, stanchi, provati dalla loro costante presenza nella nostra vita. Come ogni costrizione, che sia un bustino stretto, che sia una fasciatura, i tempi di sopportazione sono stati superati ma questo non deve impedirci di rivolgerci al problema con realismo. L’infezione da Covid 19 presenta due grandi problemi.
Il primo. Può essere grave o molto grave per alcuni di noi (sino a che non ci ammaliamo non lo sapremo con certezza), ma soprattutto lo è per i malati oncologici, per coloro che sono in terapia antiblastica, per i trapiantati, per i soggetti fragili in genere. Questo induce al rispetto reciproco verso la fragilità dell’altro, che non sempre viene dichiarata (di essere “fragili” in questa società ci si vergogna).
Il secondo. Gli esisti a distanza della patologia sono imprevedibili in quanto a chi ne verrà colpito ma noti come sintomatologia: problemi neurologici, muscolari, pneumologici innanzi tutto. Non riporto i dati numerici, che sono di pubblico dominio. Indipendentemente dalle scelte di altri paesi europei, dettate da ragioni che possono non essere sanitarie (si veda il caso della Svezia), quando devo continuare a mettere la mascherina?
Ecco a mio parere i casi. Quando non posso o non devo ammalarmi, perché metterei a rischio la mia salute (sono cardiopatica e anziana) o perché, se mi ammalassi, dovrei assentarmi dal lavoro sino alla guarigione (devo garantire l’assistenza ai miei pazienti). Quando devo proteggere da una possibile trasmissione di infezione, della quale potrei essere portatrice anche asintomatica, qualcuno che ritengo fragile: un neonato, un anziano, un malato, il mio stesso paziente.
Questo vale per ogni malattia infettiva a trasmissione respiratoria, Covid compreso. Esse vengono trasmesse per aerosol anche da un soggetto che parli in nostra vicinanza. Invito a considerare che le mascherine sono barriere fisiche che ostacolano la trasmissione di tutto ciò che possiamo inalare o emettere, non imposizioni da parte di un potere politico né forma di acquiescenza ai dettami dell’OMS.
Sono un mezzo di autotutela e di tutela dell’altro e credo che ognuno di noi sappia quando usarle e quando valga la pena di affrontare il rischio (ma sapendo che il rischio è sia mio, che scelgo, che dell’altro, che non sceglie) di abbandonarle