L’apparato vocale subisce una maturazione lenta che va considerata nella richiesta performativa ai bambini. Analizzo per punti la fragilità che esso presenta nella infanzia e le ragioni di essa.
1. Non raggiunta coordinazione pneumofonica
Con questo termine intendo la capacità di coordinare: a) il mantice all’attività laringea, al fine di generare un segnale vocale, b) l’attività laringea (abduzione cordale) alle necessità respiratorie, al fine di far passare la maggior quantità d’aria per atto inspiratorio.
Alla nascita la coordinazione è del tutto primitiva e occorre arrivare alla seconda infanzia perché essa diventi accettabile. Il lattante, sino almeno ai sei mesi, durante il pianto può presentare ritardi nella ripresa inspiratoria, inspirazioni in non completa abduzione cordale, momenti prolungati di sospensione piena al termine di una presa profonda.
Voce inspiratoria è presente sino ai tre anni come normale evenienza nella fonazione anche tranquilla e, sino ai sei, è prevedibile se il bimbo viene sottoposto a pressing (recitare una poesia, contare, cantare una frase troppo lunga) o si trova in una situazione ansiogena.
Sino a tutta la seconda infanzia il bambino non è in grado di rispondere alla fame d’aria con riprese profonde e attua al loro posto inspirazioni rapide e superficiali, non soddisfacenti le esigenze dell’atto fonatorio
2. Volume corrente polmonare ridotto
L’apparato respiratorio è volumetricamente piccolo, la quantità d’aria disponibile dopo una inspirazione è molto inferiore a quella dell’adulto e, per soddisfare le esigenze metaboliche, gli atti inspiratori sono necessariamente frequenti.
Nel neonato 80 atti al minuto sono del tutto normali e solo nella seconda infanzia il loro numero si approssima a quello dell’adulto (12-20) rimanendo comunque su valori più elevati (oltre 25-30).
3. Vocal tract di dimensioni ridotte rispetto a quello adulto
Molto corto alla nascita, il v.t. agisce come filtro passa alto, rendendo più penetrante il pianto del neonato. Solo dal terzo anno il suo accrescimento e la perdita della abitudine di suzione ne permettono un utilizzo più consapevole.
Dai punti 1 e 2 deriva l’impossibilità per i piccoli di seguire la scansione temporale prevista per un esecutore maturo. Da qui: la necessità di adattare la frase alla realtà del mantice con una scansione ritmica diversa da quella tipica della prosodia adulta, una ricalibrazione della durata della frase cantata e la messa in atto di pause di rifornimento intrafonatorie di lughezza adeguata a garantire comunque una presa valida.
Dai punti 2 e 3 deriva la difficoltà nel bambino di utilizzare con perizia la voce intensa. Nella prima infanzia la penetranza della voce gridata o la messa in atto del registro fischio può compensare la minore udibilità,ma con possibile rischio organico laringeo. Le tecniche di potenziamento armonico non sono proponibili sino alla fine della seconda infanzia
4. Immaturità del controllo posturale e della competenza propriocettiva
Il controllo posturale è una conquista della età adulta e la competenza in questo settore evolve parallelamente alla capacità di autocontrollo respiratorio. Nella primissima infanzia la posizione obbligatoriamente sdraiata si accompagna a una ipotonia della muscolatura di parete addominale che induce una presa esclusivamente diaframmatica, con intervento costale possibile solo nelle riprese forzate durante il pianto.
La capacità deambulatoria, preceduta dal carponamento, permette dal secondo anno di età una discreta stabilizzazione diaframmatica a sua volta responsabile di un intervento toracico più consistente.
La componente toracica diviene infine, per tutta la seconda infanzia e sino alla prepubertà, la modalità di rifornimento privilegiata (per la stabilizzazione precoce del diaframma secondaria all’aumento di resistenza della muscolatura addominale impegnata nelle funzioni di controllo posturale della stazione eretta, della deambulazione e della corsa).
5. Scarsa mobilità laringea
Alla nascita la laringe, alta nel collo, è dotata di scarsa mobilità. Solo l’accrescimento longitudinale della colonna, con la migrazione verso il basso della scatola laringea, permette un certo grado di regolazione della sua posizione e del suo livello di inclinazione.
6. Destabilizzazione della mandibola
Le leve mandibolari, del tutto inattive alla nascita, sono rese funzionalmente competenti dalla eruzione dei molari permanenti intorno al settimo anno. Esse si fanno garanti della stabilizzazione mandibolare al basicranio con la conclusione della evoluzione deglutitoria solo nella seconda infanzia.
7. Immaturità della funzione posturale linguale
La lingua acquisisce in pieno la propria funzione posturale dal raggiungimento del sigillo posteriore deglutitorio. Solo dalla fine della seconda infanzia si è certi che essa cooperi adeguatamente con la muscolatura masticatoria al mantenimento della corretta verticalità e al controllo posturale laringeo.
Dai punti da 4 a 7 deriva l’acquisizione tardiva dei raffinati aggiustamenti posturali della scatola laringea, della gestione dell’accoppiamento risonanziale del cavo orale con controllo dell’apertura della bocca e della posizione della lingua.
8. Morfologia laringea
La scatola laringea dimostra nella primissima infanzia un aspetto compatto. Le cartilagini sono ravvicinate e poco mobili tra loro, cedevoli e deformabili. Nella prima infanzia la scarsa mobilità degli elementi cartilaginei tra loro rende impraticabile l’adattamento tonale mediato dalla inclinazione tiroidea. Solo l’accrescimento successivo, con il distanziamento delle componenti scheletriche, renderà possibile un certo grado di controllo sull’assetto glottico.
Dai punti da 4 a 8 deriva la necessità di una richiesta prudente di ascesa tonale. Essa infatti deve essere graduale e seguire la progressiva capacità di mobilizzazione dell’organo sia in senso spaziale (come unità appesa al basicranio), sia in senso segmentario (come unità a sua volta costituita da elementi articolati e mobili tra loro).
9. Lenta maturazione del legamento vocale
Il legamento vocale, sistema di ammortizzazione del trauma contusivo adduttorio cordale e struttura la cui deformabilità garantisce la resistenza interna all’allungamento passivo e all’incremento di tensione longitudinale, è rudimentale a quattro anni, visibile e riconoscibile a dieci ma del tutto formato solo in epoca puberale.
10. Tendenza edemigena della sottomucosa
La sottomucosa è lassa è molto vascolarizzata nella primissima infanzia e rimane per tutta l’età scolare imbibile dai liquidi fuoriusciti dal comparto capillare durante i fenomeni infiammatori. La lamina propria si definisce solo in età prepuberale, cooperando, con l’aumento della componente cellulare, solo da allora alla riduzione della tendenza edemigena
Dai punti 9 e 10 deriva la scarsa resistenza ai traumatismi adduttori corda a corda e la tendenza a rispondere ai fenomeni generanti infiammazione (traumi contusivi compresi) con il rigonfiamento e l’aumento della massa.
11. Esiguità della componente muscolare
Nell’infanzia la muscolatura intrinseca laringea è costituita da fibre in quantità limitata con capacità di regolazione tensionale minima. Solo durante la pubertà essa si porta rapidamente alla condizione adulta.
Dal punto 11 deriva la scarsa resistenza alla fatica della prima infanzia, la necessità di periodi di riposo e di recupero tra una performance e l’altra per i piccoli cantori di ogni età, la proposta di tempi di riscaldamento prefonatorio brevi, il raffreddamento obbligato dopo la fonazione.
12. Facilità ad ammalarsi
L’infanzia è l’età della vita più esposta a fatti infiammatori delle alte vie aeree (riniti, adenoiditi, tonsilliti) capaci di coinvolgere la laringe. Contemporaneamente è il momento nel quale l’autonsapevolezza relativa allo stato di salute vocale non è ancora raggiunta.
Dal punto 12 deriva l’estrema vulnerabilità della laringe infantile dovuta alla incapacità del piccolo di autoproteggersi e di autolimitarsi nell’uso della voce.
La richiesta performativa deve sempre dosarsi privilegiando la protezione alla produttività.