Nella vita quotidiana utilizziamo il gesto come normale accompagnamento del linguaggio.
Indichiamo, illustriamo, puntualizziamo.
Usiamo gesti in ogni occasione comunicativa, alcuni dal significato complesso come:
– gli iconici, rappresentativi dell’oggetto (estendendo e divaricando mignolo e pollice, con le altre dita ripiegate, possiamo rappresentare una telefonata alludendo alla cornetta del telefono fisso),
– i metaforici (con una mano che si agita nell’aria velocemente indichiamo “innumerevoli”, se lentamente alludiamo allo scorrere del tempo),
– i simbolici (ponendo la mano sul petto prendiamo il cuore a testimone della nostra buona fede)
sino ad arrivare a gesti convenzionali trasmessi culturalmente, come chiedere l’autostop.
La gestualità sostiene il linguaggio verbale non lo ostacola
Il gesto è un sostegno al linguaggio verbale sin dall’esordio di questo tipo di comunicazione e non va ritenuto un ostacolo all’apprendimento del vocabolario e della struttura morfosintattica.
Anche se un tempo si è creduto che un ricorso eccessivo alla gestualità fosse da evitare in campo riabilitativo, studi recenti ne hanno rivalutato la funzione e hanno portato l’attenzione dei logopedisti sul loro ruolo di modelli comunicativi per i genitori.
Comunicatori, appunto, multimediali.
Se non è raro vedere piccoli, anche quasi del tutto privi di vocabolario, utilizzare gesti codificati (come portarsi l’indice sulla guancia ruotandolo a indicare il buon sapore di un cibo), segno di un apprendimento sistematico prossimo all’addestramento, è molto più raro incontrare genitori in grado di stimolare la comunicazione gestuale dei figli e, soprattutto, di utilizzarla per incrementare l’acquisizione del linguaggio.
Ciò cui più frequentemente si assiste osservando la coppia genitore bambino è il gesto indicatore associato alla richiesta di denominazione (nel ripetuto e inutile rituale di dare nomi corretti al mondo), la gestualità funzionale all’azione (spesso erroneamente non accompagnata da commento verbale) e la gestualità ritualizzata dimostrata e richiesta in situazioni sociali (come salutare, esprimere negazione o assenso).
Modellare la comunicazione gestuale del genitore
Vediamo come possiamo modellare il comportamento gestuale dei genitori, favorendo allo stesso modo la nascita del linguaggio nel bambino.
Una prima e generica raccomandazione è dare al bambino modellamenti efficaci di manipolazione e di presa. Se qualcuno ha visto il film “Il magico mondo di Amelie” e ricorda il piacere provato dalla protagonista nell’affondare la mano nel grande sacco di semi, non avrà difficoltà a trasformare la preparazione di una torta o il gioco con la sabbia o il bagnetto palestre percettive.
Più esperto e da insegnare al genitore è l’utilizzo sistematico del gesto con finalità di ridondanza. Gli esempi sono molteplici e derivabili dalla vita di ogni giorno: disegnare un cerchio con le mani pronunciando la parole palla, mimare il gesto del portarsi il bicchiere alle labbra invitando il bambino verbalmente a bere, portare due dita unite sulle labbra mentre gli si chiede di pulire la bocca, sono tutte azioni semplici da integrare nella interazione linguistica e dotate di estrema chiarezza, purché la frase sia breve e comprenda la il vocabolo o il verbo ai quali il gesto allude.
Sempre da favorire, e magari da dimostrare, è la gestualità mimica accompagnatoria di sensazioni fisiche (l’espressione del disgusto relativa a un cattivo odore, percepito prima da un oggetto reale, evocato poi da un’immagine).
Utile allo stesso modo il gioco di associazione tra onomatopee e azioni su oggetti (riprodurre il rumore del motore mentre si fa correre una macchinina sul tappeto) o tra onomatopee e animali mimati (miagolio accompagnato dal gesto di graffiare, grugnito associato alla protrusione delle labbra e dall’arricciarsi del naso a imitare un maialino)
Molto spesso trascurata è l’educazione al riconoscimento delle emozioni provate. Gesti metaforici sono in questo caso utilizzabili (due mani congiunte al petto a indicare spavento), così come atteggiamenti mimici (occhi spalancati a indicare sorpresa) in associazione alla frase che nomina quanto emotivamente si va sperimentando.
L’associazione parola gesto può essere utilizzata per attirare l’attenzione del bimbo su un oggetto non in vista che si rivela per il rumore prodotto (mentre suona una campana indicare il proprio orecchio dicendo “senti” e, dopo un breve silenzio, continuare: ” una campana, suona” mimandone il movimento oscillante), raggiungendo così il doppio obiettivo di interessare ai suoni e proporre il vocabolario.
Come fare?
Per essere efficace una stimolazione visivo-verbale deve essere inserita in modo naturale nella comunicazione quotidiana, dosandone la presenza e intuendo quali sono i momenti nei quali il piccolo è disponibile non solo ad ascoltarci ma ad osservare gli oggetti e noi.
Pur essendo praticata in modo spontaneo nella interazione, non è raro che la comunicazione gestuale subisca una riduzione notevole tra genitori e bambini con ritardo di linguaggio.
Le ragioni possono essere molteplici, da un counseling malposto, al timore che il gesto possa spegnere la spinta volitiva a utilizzare la comunicazione verbale, alla paura di compiere una stimolazione troppo aggressiva, al semplice pudore per la propria temuta inadeguatezza.
Son queste le ragioni per le quali è opportuno che il logopedista si faccia carico anche di questo aspetto riabilitativo, proponendosi come modello di comunicazione multimediale.