Il pianto nel neonato in buona salute è un’emissione vocale molto intensa, di frequenza variabile tra i 350 e i 450 Hz, spesso accompagnata da inspirazione rumorosa e caratterizzata, a volte, da dati percettivi che ne facilitano l’interpretazione, quali: qualità rauca, ingolata, forzata.
Esso rappresenta il più potente ed efficace sistema di segnalazione di bisogni. La sua evoluzione nelle prime settimane di vita è indicativa della presenza di abilità sociali primitive.
Almeno tre tipi di pianto sono normalmente distinguibili dall’adulto che accudisce: dolore, fame, disagio/irritazione. In tutte le madri il pianto del proprio lattante è in grado di indurre una forte reazione emotiva, che può andare dal fastidio all’intensa agitazione. Anche nell’adulto che si prende cura del piccolo a qualsiasi titolo il pianto non è mai senza risultato. Esso infatti induce una risposta attenzionale che si conclude spesso con l’avvicinamento e col contatto fisico. Le frequenze acute, infatti, producono disagio percettivo e spingono alla messa in atto di comportamenti (in questo caso l’accudimento) atti a far cessare la produzione di suoni così altamenti spiacevoli.
Il pianto, per il neonato incapace di accudire a se stesso, è la più appropriata modalità di autosalvaguardia e di mantenimento in vita.