Spesso crediamo che l’educazione orale si risolva nell’insegnare ai bambini a masticare i cibi, a separarne le parti commestibili da quelle non commestibili, a triturare con cura. Oppure pensiamo che il mettere la mano davanti alla bocca tossendo, l’asciugarsi le labbra prima di bere, l’astenersi da smorfie e boccacce possano bastare. Educare all’oralità è invece compito più complesso, che presenta almeno tre finalità :
1. favorire l’esplorazione sistematica del mondo attraverso l’uso della bocca e la conoscenza della bocca stessa e delle sue funzioni con l’autoesplorazione;
2. rendere autonomo il bambino nell’alimentazione, favorendo l’educazione del gusto, l’accettazione del cibo anche non consueto, la scoperta e la conoscenza mediati dal piacere della tavola;
3. allenare bocca, lingua, guance, labbra, velo del palato alle diverse funzioni che dovranno svolgere in vista dell’acquisizione del linguaggio e delle abilità comunicative orali non linguistiche (fischiare, schioccare, ecc..).
Dai diversi punti derivano importanti conseguenze, apparentemente non legate in modo diretto all’oralità, e precisamente: dal punto 1. l’abilità a gestire le funzioni comunicative che necessitano di buoni livelli di autoconsapevolezza orale (come è necessario, ad esempio, nell’uso artistico della voce); dal punto 2 . la curiosità nei confronti di ciò che è diverso, l’accettazione della cultura altrui, la disponibilità verso ciò che nuovo o inconsueto (come è il caso dell’approccio a una società diversa dalla nostra per esempio attraverso la conoscenza delle sue abitudini alimentari); dal punto 3. la possibilità di parlare correttamente la lingua materna e di ottenere, senza troppa fatica, una corretta pronuncia nelle lingue straniere.