Devo al professor Margaritti, docente di Antropologia filosofica, un pensiero che recentemente è stato ripreso e ampliato anche da altri. Il film dedicato all’inventore della bomba atomica me lo ha ricordato.
Ogni volta che ciascuno di noi si appresta a fare qualcosa ha nella mente uno scopo. L’azione dell’uomo è infatti insensata senza una finalità. Questo pensiero è così vero che perfino la psicologia cognitiva giustifica i sintomi delle patologie delle quali si occupa come rivolti a uno scopo.
Tutto il nostro agire è finalizzato altrimenti non ha senso. E, se anche dell’agire possiamo ipotizzare una causa, se quindi esso ha una ragione che, come medico, chiamerei eziologica, l’azione stessa che ne deriva non può che essere finalizzata a ottenere qualcosa in quanto compiuta da un essere pensante.
Il livello del fiume sale, io corro verso un’altura. Perché lo faccio? Per salvarmi. Ecco lo scopo. E’ a lui che tendo, la causa ne è solo il primo motore.
La scienza ha da sempre studiato le cause per rispondere alle necessità degli uomini. Ha cioè perseguito la conoscenza sempre senza dimenticare lo scopo della propria ricerca. Nel far questo si è servita della tecnica.
Così, mentre la scienza individua gli scopi e indaga le cause, la tecnica si occupa dei metodi, del come dell’azione. L’uomo ha bisogno di un rifugio, occorre costruire case. L’architetto, forte delle proprie conoscenze scientifiche propone il progetto, la tecnica si occupa di come realizzarlo.
La scienza non può fare a meno della tecnica, ma la tecnica può fare a meno della scienza?
Per rispondersi occorre chiedersi quale sia il campo di azione di entrambe. La scienza nel suo occuparsi delle cause e degli scopi risponde alla doppia interrogazione del perché causale e finalistico. Perché devo progettare una bomba atomica? Per quali ragioni essa è necessaria? A quale scopo è finalizzata?
La tecnica non si fa tali domande. Essa si occupa della procedura di realizzazione. Come posso costruire una bomba?
Ora, se la tecnica soppianta la scienza o si sostituisce a lei, tutto ciò che è possibile può venire realizzato. Basta il sapere il come, e la cosa si fa. Il perché, per quale scopo, non riveste più importanza.
Ma se così lasciamo che accada, usciamo da ogni strada etica. Tutto ciò che è possibile, proprio perché possibile, è giusto. Il progresso scientifico diviene non il progresso della ragione ma il progresso della tecnica e la scienza viene deprivata di ciò che ne ha sempre fatto, prima ancora che un operare pratico, una filosofia utile alla vita.
La tecnica è vuota di contenuti, non ha progetti perché non ha scopi. Non si interessa delle cause perché è radicata nel presente. Un presente unicamente operativo.