Ricostruire la propria storia è una esigenza comune, l’invito contenuto in questo post è quello di andare ad espandere la ricerca oltre la propria vicenda personale, ricostruendo storie lontane. Il genogramma ne è lo strumento. Proposto alla fine degli anni ’70 da Murray Bowen, si propone di aiutarci a risalire alla storia dei nonni e dei bisnonni, andando a riconoscere nella loro frammenti della nostra vicenda personale.
Indicando con un quadrato il sesso maschile e con un cerchio il femminile possiamo rappresentare l’albero genealogico risalendo a tre generazioni e riflettere su ognuno dei suoi componenti. La profondità dei risultati può stupire.
Nella mia infanzia sono stata avida di racconti e ora essi mi aiutano a capire la mia vita di oggi. Riporto, per incuriosire sullo strumento, una riflessione personale.
Mi è sempre dispiaciuto che mio padre fosse avaro di racconti famigliari. La sua reticenza ha fatto sì che io crescessi unicamente all’interno della storia materna, ascoltando la nonna. “Da dove vengo io, nonna?” e via alla narrazione. Quella volta che il nonno….mi ricordo il bombardamento dell’Alfa Romeo…quando la casa degli zii è crollata…..quando la tua mamma ha perso l’anello di fidanzamento ……
Un po’ alla volta alle sue parole nella mia mente di bambina prendevano forma luoghi nei quali i miei nonni e i bisnonni abitavano. Luoghi leggendari, come il negozio di drogheria e il suo retro, dove scorreva la vita famigliare, la casa di campagna, dalla quale si vedevano le luci delle bombe su Milano.
Le forme nelle quali si erano declinati i personaggi a me cari venivano a trovarmi, come reincarnate: la zia a 4 anni ancora col ciuccio, a 20 arrampicatrice delle nostre Prealpi. Piera che aiutava lo zio a sfuggire a una retata di soldati tedeschi. Mia madre, bellissima, che veniva ammirata in piazza Duomo, ancora lei che davanti allo specchio affermava di volere da adulta un brillante al collo e una Packard con autista, la prozia con il suo bimbo in braccio che cadeva dalle scale sfuggendo a un bombardamento, il bimbo che rimaneva cieco da un occhio per il trauma.
Perfino il mio bisnonno usciva dalla cornice della foto del cimitero per tornare a costruire nella casa di campagna un presepe movibile per i suoi cinque figli, mentre la bisnonna compariva in sogno a sua figlia avvertendola della tossicità del colorante delle calze che indossava. Miracoli domestici, dell’ingegno e dello Spirito.
Una infinita storia della quale ero avida e che mi veniva elargita senza reticenze dalla nonna che mi citava, per colorirla, le frasi che avevano segnato la sua esistenza: “coi nostri risparmi potevamo comprare una bicicletta, allora dissi: Mario (il nonno) abbiamo un tesoro, 50 anni in due” – crisi del 1929. “e tua madre disse (di mio padre, fidanzato) lo sposo per il suo cervello” – 1950.
Da adulta, di questa metà della mia famiglia, l’unica che mi è davvero nota, attraverso lo strumento del genogramma, vado a individuare i miti e i destini.
Il destino della perdita dell’autonomia deambulatoria per gravi forme artrosiche, che ha colpito tutte le donne di famiglia e che ho temuto trasposto nei miei numerosi incidenti.
Il mito, il grande mito femminile della onorabilità, trasmessomi dalla nonna nella metafora di indossare sempre biancheria intima pulita, perché, se mi fossi sentita male per strada, tutti avrebbero visto che ero linda.
Il genogramma è un modo per conoscersi, per fare propria, rivisitandola, la storia famigliare.
Sapere da dove veniamo fa sì che quello che appare destino si sciolga nella vicenda individuale non predeterminata e il mito diventi consapevolezza. E’ un processo di mentalizzazione che fa parte del nostro cammino.
Murray Bowen – Dalla famiglia all’individuo
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