Nella sala di attesa della Asl i due bimbi che mi aspettano hanno in mano i cellulari dei genitori. Nessuna consapevolezza del luogo e della situazione. Nessuno sguardo curioso lanciato nell’ambiente. Eppure sono in un luogo nuovo: un ambulatorio pubblico del quale non conoscono le regole. In una situazione sociale ideale per il contatto: altri bimbi sono in attesa.
Al mio invito di accompagnare il minore nell’ambulatorio, il più grande rimane seduto, occhi fissi sullo schermo, in disparte, del tutto indifferente al pianto preoccupato che ora scuote il fratellino.
Questo bimbo sta vivendo una situazione significativa perdurando nella più assoluta indifferenza. Eppure la visita è resa necessaria da una malattia del più piccolo che preoccupa la famiglia, questo non può non riguardarlo.
Luglio 2023
Pranzo al ristorante. A capotavola un bimbo di tre anni. La mamma lo imbocca, il cellulare appoggiato al bicchiere trasmette un cartone. MI ricorda me, bambina poco appetente, e mio padre, che per farmi mangiare mi raccontava una favola, mentre mi esortava a prendere ancora un forchettata di pasta. Ricordo la sua voce, perfino il suo odore. Lo sento ancora al mio fianco.
Mi chiedo se la situazione della quale sono testimone ora è simile a quella vissuta alla Asl.
Nella prima un genitore che si nega al ruolo di mediatore che gli sarebbe proprio. Nella seconda uno che chiede aiuto a un device per alimentare un piccolo recalcitrante.
Bimbi tranquilli e immobilizzati nella sala d’attesa, bimbo nutrito passivamente alla tavola di famiglia.
Bimbi inconsapevoli, Zittiti e anestetizzati. Senza la possibilità di vivere una relazione. Al guinzaglio dei loro cellulari.